Assieme all'agricoltura e alla zootecnia, anche le tradizioni artigiane di Castel di Lucio risalgono alla notte dei tempi.
La tessitura, l'arte di incidere la pietra per farne portali e fontane e la forgia del ferro, fanno parte delle attività più antiche praticate dai castelluccesi e che si tramandano ancora.
I castelluccesi hanno saputo mantenere vivo l'interesse per quelle attività che in passato facevano parte del loro vivere quotidiano e che adesso sono opportunità di sviluppo locale.
L'artigianato castelluccese si basa principalmente su due attività: la lavorazione della pietra e la tessitura.
L'arte di intagliare la pietra e trasformarla in vere e proprie opere d'arte è ancora molto praticata anche dalle giovane generazioni che ne hanno riscoperto il piacere non solo estetico.
Della maestria di questi artigiani parlano le tante "chiavi" degli archi delle porte delle abitazioni del paese, antiche e recenti, che mostrano l'emblema delle famiglie o sono puramente decorative.
Le donne, tramandano invece l'arte della tessitura, del ricamo e dell'uncinetto, espressioni della creatività e laboriosità dell'universo femminile di Castel di Lucio.
Un terzo ramo di attività artigianale è la forgia del ferro, che si materializza nelle splendide balconate che si possono ammirare nelle abitazioni del paese. Abilità che viene esercitata in officine in cui i fabbri usano ancora fuoco, incudine e martello per realizzare le proprie opere.
La bottega del fabbro, un tempo, era una piccola officina, dove si costruivano gli utensili di ferro necessari nei campi di lavoro o da utilizzare nelle attività domestiche.
Ogni bottega, chiamata forgia aveva i suoi clienti fissi che forniva per tutto l'anno.
Ai tempi in cui i registri cartacei non esistevano, veniva utilizzato un singolare modo per annotare i pagamenti, che avvenivano una volta l'anno nel mese di agosto: si utilizzava un pezzo di ferula, veniva tagliata in due in modo sempre diverso e veniva segnata una tacca per ogni prestazione eseguita. Ad agosto il fabbro passava dalla casa del creditore con il suo mezzo legno, controllava che combaciasse con l'altro mezzo del cliente e conteggiava il lavoro.
Oltre a questo anticamente al fabbro ci si rivolgeva per le malattie degli animali; essi infatti, venivano considerati come dei veterinari che tramandavano i loro sapere di generazione in generazione.
Altre lavorazioni tradizionali ancora eseguite a mano, sono le creazione di corde, di campane per gli animali da pascolo, i panieri e i "furlizzi", sgabelli ottenuti dalla la ferula communis, pianta tipica della Sicilia.
Il ricamo
Quello della tessitura, così come il ricamo, in passato erano considerate forme di lavoro domestico femminile volto soprattutto alla preparazione della "dote" per il matrimonio.
Dalle mani esperte delle donne venivano fuori, oltre a coperte, tappeti, lenzuola e altri elementi indispensabili da portare al marito, anche gli abiti di lana per tutta la famiglia e le sacche da utilizzare sui muli.
Fino a una quarantina di anni fa, nelle campagne castelluccesi veniva coltivato il lino, abbondantemente utilizzato per la creazione di veri capolavori di tessitura.
Malgrado oggi non esistano più artigiani che costruiscono telai, molte donne e ragazze sanno come trasformare fili grezzi in stoffe pregiatissime e uniche, anche con l'ausilio dei vecchi telai.
Fasi della tessitura
Per incannare si usa a nimula (l'arcolaio), su cui vengono collocate le matasse di cotone, e u murgaturi su cui si infilano i criscenti. Con mano esperta viene fatto girare u murgaturi nel murtarieddu.
Per l'orditura si mettono dodici criscienti in fila nel cannalaru, si prende il capo di ognuno di essi e si fa passare in ciascuno dei dodici buchi della manuzza; ad ogni tre metri si "segna a canna", cioè si fa un segnale con l'erba macinata che vale come unità di misura.
Si possono ordire fino a venti "canne". La lunghezza è data dal numero di "canne", la larghezza dal numero di viaggi.
Finito di ordire, l'opra (il lavoro realizzato) si mette 'na truscia (un grande lenzuolo) e si fa una treccia per evitare che tutto si aggrovigli.