Liborio Felice Viglianti nacque nel 1832 a Castelluzzo.
Fu destinato dal padre alla vita ecclesiastica.
Dai suoi scritti traspare una sicura fede in Dio, il rispetto per le gerarchie ecclesiastiche, nessun rimpianto per lo stato laicale.
Uscito dal seminario fu soggetto al richiamo dei sensi ed al fascino muliebre; attrattive che non cercò mai di dissimulare nè tanto meno di nascondere.
Nel 1856, dopo gli anni di studio a Patti, tornò al paese natale da Sacerdote.
Era usanza a quei tempi che i neo sacerdoti tornassero al paese di origine, dove contavano di vivere con i benefici e gli introiti del proprio ministero e con la rendita della dote che la famiglia era in grado di assegnare loro.
Questo fu il caso di Don Felice, che la famiglia potè dotare con discreta generosità.
Abitò nella casa del quartiere Cutrazzu, in cui costruì un arco per facilitare il percorso verso la Chiesa.
La cultura, l'intelligenza, l'innata curiosità, l'umor e l'aggressività verbale di cui era dotato, lo inserirono nella vita del paese: fu consigliere comunale, assessore, ricercato consigliere privato.
Fu uomo colto che dava un tono agli eventi lieti o tristi, privati e pubblici del paese.
L'innata curiosità lo spinse ad interessarsi di tutte quelle cose da cui poteva trarre utilità fosse solo la conoscenza stessa.
Lettore assiduo del "Giornale di Sicilia" e di altri periodici letterari, fu un sostenitore dell'unità d'Italia che seguì e commentò fino al'impresa Fiumana di D'Annunzio. Poi le sue condizioni di salute cominciarono a declinare.
Rimase sempre legato alla famiglia soprattutto con il fratello Giovanbattista e dopo la morto di questi con l'altro fratello Mauro.
La raccolta dei suoi scritti ad opera del pronipote ing. Francesco Viglianti, è stata pubblicata in con il titolo "cronache in versi del mio paese ed.. intorno!".
Prologo (Ai miei versi)
Quando nell'ozio mi trovavo immerso
Nella mente volgea vari pensieri;
alcun d'essi li restrinsi in verso
per restare nello scritto prigionieri.
Son vestiti d'abito dimesso,
che sian poveri, dir non è mestieri.
Tutti i lavori fatti a tempo perso
Belli non sono mai, nè lusinghieri.
Comunque siano alla stampa io li affido,
e son certo che i critici, in furore,
nel leggerli alzeran contr'essi un grido.
Prego che a gridar forte Iddio li aiuti,
così correggerò qualunque errore...
emendar che potrò, se restan muti?
Senza Nome (tratta da: Il paese donne e uomini)
Tu si simpatica
E troppu bedda
Ricca di grazia
E affruntusedda.
Si l'occhi amabili
'Ntornu giri,
Nun c'à rimediu
A ti anni tiri.
Lettera al tenente colonnello Antonino Di Giorgio - Deputato al Parlamento. Marzo 1915 (tratta da Il Paese, La strada rotabile)
Sullo sprone di un monte è fabbricato
Castel di Lucio, povero e ospitale,
tutto intorno si trova in quello stato,
che lo lasciò il diluvio universale.
Anzi d'allora è molto peggiorato
Per più d'un terremoto e temporale;
dai passati governi abbandonato
l'esistenza tirò peggio che male.
Solo or Di Giorgio in sua difesa venne,
che fosse la rotabile costruita
come favor, con insistenza, ottenne;
sul bronzo sia l'epigrafe scolpita:
"Castel di Lucio con obbligo perenne,
vota a Di Giorgio, che gli dà la vita!"